PASSIONISTI | Parrocchia Sante Rufina e Seconda - Chiesa di S. Gemma Galgani

Eutropio, Zosima e Bonosa erano tre fratelli che confessarono la fede ed ottennero la palma del martirio a Porto, circa l’anno 207 – 211. Presso Capo due Rami, all’Isola Sacra, una piccola basilica dedicata a San Lorenzo custodiva le loro reliquie.

Nel XIX secolo l’archeologo Giovan Battista De Rossi trovò all’Isola Sacra frammenti di due lapidi, databili attorno al pontificato di Damaso e Sisto III (380 – 440 circa), attualmente nel Museo Pio Lateranense, nelle quali si fa riferimento ad un Vescovo di nome Donato il quale ornò il sepolcro dei Santi e costruì una Chiesa: “Sanctis martyribus et beatis(simis) / Eutropio Bonosae et Zosi(mae) / Donatus episc(opus) tumulum ado(rnavit) / sed et basilicam con(iunc)tam tumulo / a fundamentis sanctae plebi D(ei / construxit)”.

Nel 1227 parte delle reliquie di Santa Bonosa furono traslate nell’Abbazia di Clairvaux, per volere del Cardinale Vescovo di Porto, San Corrado d’Urach (1227). Le altre reliquie furono deposte sotto l’altare maggiore della Chiesa di Santa Bonosa a Trastevere. Questa era una delle Chiese più antiche di Roma, le cui fondazioni risalivano all’epoca imperiale ed è molto probabile che fosse stata costruita sulla casa natale dei Martiri (come la vicina Chiesa delle Sante Rufina e Seconda).

La Chiesa di Santa Bonosa fu demolita nel 1888, per consentire la costruzione dei nuovi argini del Tevere. Le Suore Canossiane portarono con sè le reliquie di Santa Bonosa nel loro peregrinare in vari Istituti romani, finchè nel 1958 queste trovarono una sistemazione definitiva presso la Parrocchia di Santa Maria della Mercede e Sant’Adriano in Roma. Sotto un altare vi è l’urna in vetro contenente il corpo di Santa Bonosa, ricomposto con cera e abiti.

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Il martirio di Santa Bonosa, come già detto a proposito dei Santi Cinquanta Soldati, è stato raccontato da San Giovanni Bosco nell’opera “IL PONTIFICATO DI S. FELICE PRIMO E DI S. EUTICHIANO PAPI E MARTIRI, PER CURA DEL SACERDOTE BOSCO GIOVANNI. TORINO, TIP. DELL’ORATORIO DI S. FRANC. DI SALES. 1862”. A Don Bosco lasciamo quindi la parola:

Più celebre è ancora il martirio dei Santi Eutropio, Zosima e Bonosa fratelli. Costoro furono tutti instruiti nella fede e battezzati da San Felice e da esso confortati riportarono glorioso martirio. Ci rimane intera la relazione del martirio di Santa Bonosa, che noi traduciamo quasi letteralmente dal testo originale.

Condotta Bonosa alla presenza dell’Imperatore cominciò questi ad interrogarla così: “Come ti chiami?”; Bonosa: “Io mi chiamo Bonosa serva di Gesù Cristo”. Imperatore: “Chi è codesto Gesù Cristo, di cui tu dici essere serva?”; Bonosa: “Gesù Cristo è Figlio di Dio, Verbo del Padre altissimo che venendo dal cielo in terra nacque di Maria Vergine per liberare il genere umano dalla schiavitù del demonio”. Imperatore: “Perchè tu non adori gli Dei immortali che tutti adorano?”; Bonosa: “Quali sono questi Dei immortali di cui tu mi parli?”. Imperatore: “Sono Giove, Ercole, Esculapio e Saturno”; Bonosa: “Costoro non sono Dei, ma furono uomini scellerati, malefici, i quali ingannarono molti e sono causa di perdizione a chi in essi confida”.

L’imperatore la interruppe e con furia comandò che fosse posta in carcere con ordine di non darle nè pane, nè acqua per sette giorni, persuaso che così sarebbe morta di fame. La coraggiosa vergine appena chiusa in oscura prigione alzò gli occhi al cielo e prostrata pregò umilmente il Signore a volerle dare coraggio e fortezza a fine di perseverare nei tormenti sino alla morte.

Mentre era assorta nella preghiera, le apparve l’angelo del Signore per confortarla. Non temere, le disse, la tua preghiera è stata esaudita; combatti da forte in terra e sarai coronata di gloria in cielo: “Pugna viriliter ut coroneris feliciter”. Bonosa confortata da quella visione ringraziò il Signore e passò tutto quel tempo in pratiche di pietà.

Il settimo giorno l’Imperatore comandò che fosse cavato il cadavere dal carcere e portato a seppellire credendosi che fosse morta. Ma quale non fu la sorpresa quando seppe che ella era tuttora sana ed allegra come prima. Appena la vide cominciò a parlare così: “Chi ti ha dato il pane in questi sette giorni?”; Bonosa: “Il nostro Signore disse nel Vangelo, che l’uomo non vive solamente di pane, ma di ogni parola che venga dalla bocca di Dio”. Imperatore: “Offrì sull’istante un sacrifizio agli Dei immortali”; Bonosa: “Io offro ogni giorno me stessa in sacrifizio al solo e vero Dio, e per nessuna ragione posso venerare le stupide divinità”.

L’imperatore pensò allora di poter vincere la sua fermezza facendola battere in varie guise, ma scorgendo ogni cosa tornare invano chiamò il governatore di Roma e dissegli: “Prendi questa fanciulla e procura di risolverla a far sacrifizio agli Dei; che se ella ricusa, la farai morire nei tormenti”. Il governatore fu assai contento di quella commissione immaginandosi di poterci riuscire e così guadagnarsi la benevolenza del suo sovrano.

Preparato adunque un tribunale in mezzo di una piazza della città fece condurre a sè Bonosa cui prese a dire così: “Bada a te stessa, fa un sacrifizio ad Ercole e così avrai in abbondanza oro, argento ed onori”. Bonosa: “Non lusingarti, o governatore, io non sarò giammai per sacrificare agli Dei; il tuo oro e il tuo argento siano teco in perdizione. Io godo abbastanza di avere l’eterna eredità con Gesù Cristo in cielo”.

Il Governatore riputandosi oltraggiato da quel discorso comandò che la santa Vergine fosse battuta cogli schiaffi. Fu pertanto consegnata agli sgherri affinchè a parte la conducessero e la percuotessero. Ma quanto mai sono deboli gli sforzi degli uomini allora che sono contrari ai voleri del cielo!

Già alzavano le robuste braccia per cominciare le percosse quando sentonsi sorpresi da tali dolori nelle braccia che niuno potè cagionare alla Santa il minimo male. Mentre quei soldati confusi stavansi l’uno l’altro guardando la santa Martire, questa loro disse: “Potete voi negare la virtù del mio Signore Gesù Cristo? Perchè non credete in Lui, o infelici? Egli v’invita alla sua grazia; vi illumina colla luce della verità e vi fa conoscere la sua infinita potenza colla forza dei miracoli”. A queste parole eglino risposero: “Sì, noi crediamo in quel Dio che tu predichi, non è più possibile di opporci a’ suoi voleri, dicci solamente quanto dobbiamo fare”.

Quei soldati erano in numero di cinquanta. Bonosa si pose tosto ad instruirli nei principali misteri della fede, e intanto inviò uno a dire al Pontefice che venisse a battezzare quelle anime convertite al Signore. Felice vi si recò prontamente e ravvisandoli abbastanza istrutti nella fede amministrò loro il santo Battesimo, quindi la Confermazione. Fattili così perfetti cristiani prese ad incoraggiarli ad essere per l’avvenire non solamente soldati dell’Imperatore, ma eziandio soldati di Gesù Cristo.

Ognuno può immaginarsi lo sdegno del Governatore quando seppe che i suoi soldati invece di uccidere Bonosa avevano abbracciato il Vangelo e professavansi coraggiosamente cristiani. Li fece tosto condurre tutti alla sua presenza, indi voltosi con piglio severo a Bonosa disse: “Io pensava che tu avessi un po’ di senno, ma mi accorgo che la mia indulgenza ti rende arrogante usando insino le arti magiche per indurre i miei soldati ad abbandonare il culto degli Dei”.

Bonosa temendo che un discorso moderato potesse mettere in pericolo i novelli convertiti disse risolutamente al governatore: “Insensato e tiranno crudele! Non ti accorgi che i tuoi Dei sono demoni? Non hai mai udito quanto dice un santo profeta: tutti gli Dei delle nazioni sono demoni, soltanto il nostro è il vero Dio creatore del cielo e della terra?”.

Il Governatore non potendo più frenare la rabbia fece sospendere all’eculeo la santa Vergine. Mentre essa era sottoposta a spietati tormenti ordinò che i cinquanta soldati, che poco prima avevano ricevuto il Battesimo, fossero condotti a morte. Quei fedeli servi di Gesù Cristo deposero le loro armi, offersero le loro mani a chi li voleva legare e come agnelli mansueti vennero condotti fuori della città dove fu loro tagliata la testa il 9 di luglio nel 274. San Felice non li abbandonò neppure un istante, li assistè in mezzo ai tormenti facendo loro animo ad essere perseveranti sino all’ultimo respiro.

Bonosa intanto era sottoposta a crudele carnificina: più volte fu condotta in carcere, più volte ricondotta al Governatore, ma ella confessò sempre con virile coraggio la fede di Cristo. Nei maggiori patimenti era sempre festante pensando che i mali della vita presente le aprivano le porte al premio eterno che Gesù Cristo le teneva preparato in cielo.

Finalmente venne condotta fuori di Roma, ove compiè il suo glorioso martirio coll’esserle tagliata la testa il 15 di luglio, otto giorni dopo la morte dei cinquanta soldati. Gli atti del martirio di questa Santa terminano colle parole seguenti: “O gloriosissima vergine Bonosa, prega per noi miserabili peccatori e ottienci dal Signore forza e coraggio onde possiamo seguire i tuoi esempi e giungere un giorno a godere la medesima felicità che tu godi in cielo per tutti i secoli dei secoli. Così sia”.

A cura di d. Roberto Leoni

Da: www.diocesiportosantarufina.it